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Iva al 4%: si ha diritto con la residenza all’estero?

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Per usufruire dell’Iva al 4%, solitamente, chi compera casa dovrebbe essere residente o stabilire la residenza nel comune ove è situata la nuova abitazione
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Per usufruire dell’Iva al 4%, solitamente, chi compera casa dovrebbe essere residente o stabilire la residenza nel comune ove è situata la nuova abitazione

L’aliquota Iva al 4% è un incentivo per chi acquista la prima casa in Italia. Qui però analizziamo un quesito specifico posto al’Agenzia delle Entrate. Il richiedente risiede all’estero e vuole comprare un’abitazione di nuova costruzione nel nostro Paese, con l’intenzione di concederla in comodato d’uso alla madre. Che succede in questo caso?

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’aliquota Iva ridotta del 4% richiamata dall’istante (n. 21, Tabella A, allegata al decreto Iva), può essere applicata per l’acquisto di abitazioni anche non ultimate (esclusi gli immobili accatastati come A/1, A/8 e A/9) nel caso in cui l’acquirente sia in possesso dei requisiti previsti per l’agevolazione “prima casa” ai fini dell’imposta di registro ossia dalla nota II-bis, dell’articolo 1, della tariffa, parte prima, allegata Tur.

Per usufruire del regime di favore, in linea generale, chi compera deve essere residente o stabilire, entro 18 mesi dalla compravendita, la residenza nel comune ove è situata la nuova abitazione o, se diverso, in quello in cui lavora.

La disposizione prevede, tra l’altro, che il beneficio spetti anche ai cittadini italiani emigrati all'estero, a patto che l’unità abitativa costituisca, per loro, la “prima casa” nel nostro Paese, senza alcun obbligo di trasferire la residenza (circolare n. 38/2005).

Quest’ultima previsione, che non subordina il regime agevolativo al cambio di residenza, fa ritenere che anche l’istante possa beneficiare dell’Iva al 4% nonostante il contratto di comodato.

Come verrà tassata la cessione dell’immobile

Risolto il primo quesito, l’Agenzia esamina un secondo chiarimento richiesto dalla stessa persona, relativo alla tassazione della plusvalenza generata dalla cessione dello stesso immobile entro i cinque anni dall’acquisto senza che sia stata comperata un’altra casa. La risposta, in questo caso, va ricercata nella risoluzione n. 136/2008.

In particolare il documento di prassi ricorda che per effetto del combinato disposto dell'articolo 23, comma 1, lettera f), del Tuir, e del successivo articolo 67, comma 1, lettera b), sono tassate le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione, e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state “adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari”.

In poche parole la plusvalenza, in tali casi, è esente se per la maggiora parte del periodo intercorso tra acquisto e vendita, la casa è stata l’abitazione principale del cedente o di un suo familiare.

Fondamentale, quindi, è circoscrivere i criteri che definiscono la nozione di “abitazione principale”. A fare chiarezza sono l’articolo 10, comma 3-bis), del Tuir secondo cui l'abitazione principale è “quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale o i suoi familiari dimorano abitualmente" e l'articolo 15, comma 1, lettera b), che, riguardo alla determinazione della detrazione d'imposta sugli interessi passivi dei mutui stipulati per l'acquisto dell'abitazione principale, considera tale “quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente”.

Per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

Tornando alla vicenda in esame, per stabilire se l’eventuale plusvalenza maturata in seguito alla rivendita dell’abitazione prima che siano trascorsi cinque anni dal sua acquisto, sia tassabile oppure no, occorre accertare se l’immobile rappresenta l’abitazione principale del titolare del contratto di comodato d’uso, condizione non riscontrabile, precisa l’Agenzia, in sede di interpello.

Il contribuente, per usufruire dell’esenzione, dovrà quindi provare che l’immobile ha costituito, nell’intervallo di tempo interessato, l’abitazione principale della mamma.